Marathon des Sables, 250 km nel Sahara da percorrere in 6 giorni, in totale autosufficienza.
Considerata la corsa a piedi più dura al mondo è l’equivalente di sei maratone. Si svolge ogni anno, dal 1986, nel deserto del Sahara del sud Marocco, con atleti che provengono da circa 50 paesi di tutto il mondo. Una gara impegnativa e anche pericolosa, in cui gli atleti devono essere autosufficienti e portare alimenti e attrezzature necessari sulla propria schiena per l’intera settimana di percorrenza.
Ce ne parla MAURO LAZZARINI, trail runner campano che ha partecipato all’edizione 2022 dal 25 marzo al 4 aprile. Mauro, classe ’64, è originario di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, e gestisce un’azienda di produzione di ingranaggi a Montecorvino Pugliano (SA).
“Inizio gli allenamenti prima dell’alba, dalle 4 del mattino fino alle 6:30 circa per poi essere puntuale in azienda!”
Mauro come sei entrato nel mondo del trail runner?
Alcuni amici, che si allenavano nel trail, mi hanno portato in montagna con loro, per il semplice piacere di passeggiare. Inizialmente ero in difficoltà, poi abbiamo iniziato a fare delle escursioni in montagna insieme ad altre persone che praticavano quest’attività. Avvertivo un senso di serenità che mi ha portato a incuriosirmi di più. Abbiamo, così, formato un vero e proprio gruppo di allenamento a Cava de’ Tirreni, che poi si è ingrandito e ha preso il nome di Anima Trail, sotto la cui egida organizziamo qualche evento sportivo principalmente a Cava de’ Tirreni. In questa squadra ci sono più tipologie: oltre a me, che prediligo le escursioni nel deserto, ci sono anche quelli che, invece, hanno fatto escursioni sul Monte Everest, in Argentina, o chi ha gareggiato, e vinto, in Nord Italia. Siamo circa quaranta atleti.
Perché proprio il deserto?
Dopo diversi eventi importanti di trail, l’entusiasmo non era più lo stesso, era sbiadito, non avevo più il giusto stimolo nell’ottica dell’“agonismo”. Per caso ho visto un video inerente la marathon de sable. Ai miei occhi appariva impegnativa e irraggiungibile ma, pur di vivere un’esperienza nel deserto di questo genere, nel 2017 scelsi di partecipare a una competizione simile, 100km, nel deserto del Sahara in Tunisia. Quella è stata la mia prima esperienza nel deserto. Ho provato a farne qualcun’altra ma, a causa della pandemia, ciò è stato praticamente impossibile. Io, nel frattempo, continuavo ad allenarmi. A un certo punto mi sono detto che il grande momento, quello della marathon de sable, nel Sahara in Marocco, era arrivato e mi sono confrontato con il mio allenatore, il quale mi ha confermato la mia preparazione anche a livello psicologico.
Che intendi per preparazione a livello psicologico?
Ci sono alcune competizioni che necessitano di una certa preparazione psicologica a causa di fattori come il clima e del percorso stesso: la lunghezza del percorso e le difficoltà che ne derivano possono essere superate solo se si è psicologicamente preparati.
In particolare, la marathon de sable è una competizione particolare anche perché è difficile allenarsi non avendo percorsi simili per lunghezza e caratteristiche nelle nostre zone. Nella marathon de sable, infatti, si passava dal caldo desertico durante il giorno al freddo della notte, a causa della forte escursione termica. A ciò vanno aggiunte le tempeste di sabbia, i digiuni, il riposare male poiché non è possibile dormire in un letto, quindi si dorme a terra. Anche il peso dello zaino d’equipaggiamento, ovviamente, non aiuta: siamo partiti con uno zaino di 13kg. Tutti questi elementi combinati in una competizione di 250km, basata sull’autosufficienza e sull’autorazionamento del cibo, rendono la percorrenza davvero difficile e impegnativa da portare a termine.
E i punti di ristoro lungo il percorso che funzione hanno?
Hanno uno scopo puramente sanitario: ogni 12 km circa lo staff si accerta che i partecipanti siano in condizioni tali da poter proseguire. Oltre a questi accertamenti, forniscono l’acqua, in razioni da 1, 5 o 3 litri. Per quanto riguarda il cibo, consiste in liofilizzati che pesano poco e sono facili da digerire.
Come si è svolta la gara?
La partenza del primo giorno era prevista tra le 8.30 e le 9 del mattino, ora locale, e l’evento era seguito in diversi stati, come Francia, Inghilterra e Marocco. In quest’ultimo, la marathon de sable è considerata alla stregua del Giro d’Italia. Ogni sera ci comunicavano quanti chilometri avremmo percorso l’indomani. La tappa più impegnativa era la quarta, che nell’ambiente chiamiamo il tappone, a causa della mole da percorrere; se le altre tappe si aggiravano intorno ai 40km, il tappone era costituito da circa 86km. Al termine del percorso, si trova la finish line, la linea di traguardo presso cui viene misurato il tempo impiegato.
Come si gestisce il riposo e l’igiene personale?
Si dorme sotto i classici tendoni nel deserto, avvolti nei sacchi a pelo, che fanno parte dell’attrezzatura da portare in spalla. L’igiene personale è ridotta al minimo sindacale: non c’è vestiario di riserva e per lavarci si usano salviettine imbevute. Una sorta di ritorno alle origini.
Com’è stato il tuo piazzamento all’interno della competizione?
Non saprei ben spiegartelo: in quelle condizioni, l’importante è finire, raggiungere il traguardo. Su mille partecipanti, mi sono piazzato tra il 620° posto e il 650º.
Come ti sei sentito dopo la competizione?
Come un supereroe. Ero pieno di adrenalina, cosa piuttosto normale dopo una competizione.
Ti abbiamo visto con i bastoncini Ergocurve durante la competizione...
Sono un prodotto molto utile per la postura in una competizione così faticosa. E, quando non servono, sono davvero comodi poiché c’è la possibilità di indossarli a tracolla. L’uso degli Ergocurve incide anche sulla gestione del peso dello zaino, riesci ad avere
un ritmo migliore, più spedito, grazie alla loro inclinazione e ne parlo con sicurezza, ne ho provati un po’! Nonostante le scarpe indossate per la competizione fossero comode, ho preferito utilizzare anche le solette Spenco Total Support Original, così da evitare diversi microtraumi e affaticamenti del tendine di Achille. Gli allenamenti e la competizione di queste gare ti permettono di conoscere a fondo il tuo corpo e capire di cosa ha bisogno. “Non mi sento con me stesso, ma dentro me stesso.”
Puoi spiegare meglio quest’ultimo concetto?
È quello che chiamo filosofia del deserto: sei da solo, la tua compagnia sei tu. Inizi a fare tante riflessioni sulla tua vita e a capire meglio te stesso. Anzi, arrivi a stare meglio con te stesso, a volerci stare di più.
Non hai sentito la mancanza delle persone a te care e il loro appoggio anche a livello di tifoseria?
No, perché in quel momento vivevo il classico momento adrenalinico tipico delle competizioni. Certo, ti fa piacere sapere che ci sono tante persone, anche da casa, che ti stanno seguendo, anche grazie al GPS obbligatorio per non perdersi. Ma stavo vivendo un mio personale momento di sacrificio mettendo a frutto il risultato di tutti i miei allenamenti.
Un altro aspetto che ti piace tanto di quello che fai?
Un aspetto che mi piace decisamente è quello di conoscere tante persone, durante gli allenamenti e durante le competizioni. Sono persone con cui condividi ambizioni e sacrifici: vivono la tua stessa situazione e si crea un rapporto di una certa intensità inesorabilmente.
Pensi di ripetere questa esperienza?
Certamente, ma non nell’immediato. Tra lavoro, famiglia, amicizie. Significherebbe riprendere gli allenamenti in modo intensivo e rinunciare a tanti aspetti della tua vita. Dev’essere un obiettivo condiviso tra te, lavoro e famiglia.
Allora alla tua prossima prova, Mauro!