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Bocce su ghiaccio: il curling

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Ghiaccio, pietre, scope e grida: questo è il curling.

Risale alla Scozia del tardo Medioevo, ma è stato riconosciuto come sport olimpico solo nel 1998 alle Olimpiadi di Nagano, in Giappone. Il curling è molto diffuso nel nord America. Ad oggi Canada e Scozia sono tra le Nazionali più forti al mondo nel curling così come gli USA.

Gioco di squadra, grosse pietre di granito levigato del peso di circa 19 kg che vengono lanciate su una lastra di ghiaccio lunga circa 45 metri e larga 4,5 con lo scopo di avvinarsi il più possibile alla zona “home”, contrassegnata da 3 cerchi concentrici che stabiliscono il punteggio.

In dotazione una scopa che viene utilizzata per spazzare il ghiaccio nel percorso della pietra ed è spesso usata anche come sostegno durante il lancio. Il lavoro delle scope può modificare la lunghezza e la direzione del tiro.

A sfidarsi due squadre che di solito sono composte da 4 giocatori ciascuna che tirano a turno 8 stone per 6/10 turni detti “end”.

Ogni squadra ha un capitano chiamato skip che decide strategia e tiri. Le stone vengono lanciate con una rotazione prestabilita detta “curl” che in inglese significa arricciarsi, così da poter curvare sul campo di ghiaccio.

Vince chi realizza il punteggio più alto. Per quanto riguarda il punteggio, il calcolo è fatto in base al numero di stone piazzate più vicino al centro della home prima della più vicina stone degli avversari.

Può sembrare banale ma non lo è, il curling è strategia e concentrazione continua: non sempre si mira al punteggio (“tiri in casa”) ma, anche a proteggere pietre arrivate vicine al bottone centrale (“guardie”) oppure a colpire pietre avversarie per allontanarle dal bottone (“bocciate”).

L’Italia ha ottenuto una storica prima medaglia d’oro in questo sport lo scorso 8 febbraio nel doppio misto grazie a Stefania Constantini e Amos Mosaner che in finale hanno sconfitto la Norvegia.

In copertina foto di Photo Mix da Pixabay